[Egli] ha potuto fare i ‘quattro passi’ che costituiscono il nucleo della terapia di Stettbacher: esporre la situazione e le sensazioni, esperire ed esprimere i sentimenti, mettere in discussione la situazione, manifestare i bisogni.
Alice Miller – L’infanzia rimossa
Nei libri di Alice Miller sono presenti diversi riferimenti alla terapia primaria di Konrad Stettbacher, una terapia che può addirittura essere svolta da soli (come forma di auto-aiuto) e che punta a sbloccare parti di noi che sono rimaste incastrate nei traumi del passato.
Sono riuscito a recuperare una copia del libro dell’autore, ormai fuori catalogo.
La terapia primaria – anziché riempirci di teorie, concetti, elucubrazioni,… che possono allontanarci dalla nostra personale verità – punta a farci rivivere i traumi che abbiamo vissuto quando eravamo bambini in modo molto molto semplice.
Il suo approccio non è né violento e né forzato, in quanto è proprio il paziente stesso a condurre e decidere come e quando rivivere i suoi traumi.
I quattro passi, che copio-incollo dal libro, sono i seguenti:
1) Percezione (attuale o ricordata)
Nel corso del primo passo terapeutico dico come mi sento: ciò che avverto, noto, vedo, sento, odoro, e ciò che mi assilla …
2) Emozioni
Nel corso del secondo passo terapeutico esprimo sentimenti ed emozioni, oltre che i loro significati ed effetti: ciò che un qualcosa comporta per me, suscita in me, provoca, lascia tracce, significa, …
3) Comprensione
Nel corso del terzo passo terapeutico metto in discussione la situazione, lo scenario e le persone che vi partecipano (me compreso).
Pretendo spiegazioni (e mi spiego io) e motivazioni. Chiedo: perché fai questo, in vista di che cosa, a che scopo, per quale ragione, come mai, in funzione di che cosa …
E io che cosa ho sbagliato, non capito, omesso, commesso, …
4) Esigenza (l’autentico bisogno)
Nel corso del quarto passo terapeutico formulo le mie esigenze:
Non ho bisogno di questo
Ho bisogno di questo … per vivere.
Questi passi andrebbero espressi ad alta voce e – possibilmente – alla presenza di un terapeuta qualificato che possa ascoltare ed interagire con noi – o meglio – con il bambino che siamo stati e che sta uscendo dalla gabbia nella quale si è dovuto nascondersi per auto-proteggersi.
2 risposte su ““Perché la sofferenza” di Konrad Stettbacher”
Ottima terapia !
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Si, ridare voce al Bambino che non ha mai potuto parlare! Ci credo molto in questo!
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